Enrico Del Debbio, Foro Italico (ex Foro Mussolini; Roma, 1927-1936 e 1956-1960)
Il Foro Mussolini, complesso sportivo ideato a partire dal 1927 e concretamente progettato dall’anno successivo a opera dell’architetto Enrico Del Debbio, venne inaugurato il 4 novembre 1932 quando era ancora incompleto. Complessivamente comprendeva: lo Stadio dei Marmi (circondato da sessanta statue di ‘sportivi’ commissionati dalle province a diversi artisti e successivamente donate alla città di Roma) e quello dei Cipressi, oggi Stadio Olimpico; l'Accademia fascista maschile di educazione fisica e il pesante Monolite in marmo di Carrara (circa 800 tonnellate) offerto a Mussolini da una rappresentanza di industriali toscani, eseguito dall’ingegner Costantini. Sebbene situato in posizione decentrata, nel quartiere romano di Monte Mario, il Foro venne progressivamente collegato al cuore di Roma grazie alla costruzione del Ponte Duca d’Aosta (1939-1942), collocato in posizione assiale rispetto all’ingresso principale del complesso. Del Debbio, in ogni caso, non fu l’unico a mettere mano al progetto: mentre Costantini si occupò anche dello Stadio Olimpionico del Tennis (1934), dell’Accademia della Musica (su disegno di Del Debbio), dal 1937 intervenne anche l’architetto Luigi Moretti che mise mano all’ingresso della struttura, con pavimentazione musiva bicroma, e alla Casa delle Armi, per gli allenamenti di scherma. Di nuovo ad opera di Del Debbio fu il completamento del complesso, avvenuto solo dopo la Seconda guerra mondiale (1956-1960). Come il Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi di Libera, il Foro Italico ospitò le Olimpiadi romane del 1960 e a tutt’oggi è sede di campionati sportivi di levatura nazionale e internazionale. Nonostante la destinazione sia rimasta immutata nel tempo, il complesso ha subito numerose variazioni e modifiche (come la Casa delle Armi, negli anni Ottanta riservata ai processi antiterrorismo e successivamente restaurata e resa di nuovo accessibile al pubblico).
La sacralizzazione delle politiche totalitarie dell’Uomo nuovo attraverso le arti
La fabbricazione della realtà dell’Uomo nuovo tramite la creazione di mitologie nazionali
Il monumentalismo, ovvero la visualizzazione di soggettività e oggettività
Pochi mesi dopo l’inaugurazione del complesso sportivo del Foro Mussolini, oggi Foro Italico, l’architetto Marcello Piacentini scrisse sulla rivista Architettura: 'per la prima volta in Italia si realizza con questa opera una città della educazione fisica': è il tema dell’antico ‘Gymnasium’ modernizzato ed ampliato, elevato alla importanza di centro educativo nazionale e simbolo del rinnovato sviluppo che anche da noi ha ormai assunto la cultura fisica, della importanza che ad essa giustamente conferisce il Regime, nella formazione del carattere delle nuove generazioni” (Piacentini 1933, 65). In queste parole è racchiusa la summa del rapporto tra fascismo e allenamento fisico: attraverso la costruzione di una ‘città della educazione fisica’, il governo si voleva riallacciare all’antichità e alla storia, parlando al presente grazie a un linguaggio moderno. Il riferimento alla tradizione greca del kalòs kai agathòs, del bello e del buono, così come allo spazio pubblico romano del ‘foro’, sono costanti della politica fascista. L’attenzione al corpo e all’allenamento erano alcuni dei precetti alla base di organizzazioni come l’Opera Nazionale Balilla (1926) e lo spazio di condivisione e di rappresentazione pubblica era la chiave di volta del programma di regime. Sempre in questo senso era intesa la Mostra Nazionale dello Sport, allestita nel 1935 all’interno di Palazzo dell’Arte di Milano.
La consacrazione dell’'uomo nuovo' doveva quindi avvenire attraverso un percorso educativo lento e costante, che a sua volta faceva leva su un linguaggio iconografico (architettonico e artistico) persistente e facilmente comprensibile dal ‘popolo’. Con la costruzione del Foro Mussolini, il regime portava a compimento quel processo di ‘spettacolarizzazione formale ed estetica’ che gli era familiare in ogni ambito della vita pubblica. Inoltre, utilizzando una nomenclatura personalizzante – come era stato per la Colonia Rosa Maltoni Mussolini di Mazzoni –, Mussolini intendeva legare a sé il nuovo complesso, autoconsacrandosi fondatore del ‘nuovo impero romano dello sport’. Il tutto, ovviamente, eseguito in maniera colossale utilizzando un ampio lotto di terreno non ancora urbanizzato (da subito vennero occupati circa 320.000 m2), creando edifici dalle proporzioni gigantografiche e facendo uso di materiali preziosi e altisonanti. Su strutture modernamente attrezzate eseguite in cemento armato era diffuso un rivestimento in pietre e marmi – quello di Carrara in primis, non a caso città d’origine dell’architetto Del Debbio.
Insolera, Italo. 2007. Roma tra le due guerre. Cronache da una città che cambia. Roma: Palombi Editori.
Margozzi, Mariastella. 2013. 'Lo sport nell’arte degli anni Trenta.' In Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre. Cinisello Balsamo: Silvana Editoriale, 81-88.
Piacentini, Marcello. 1933. 'Il Foro Mussolini in Roma. Arch. Enrico Del Debbio'. Architettura, fasc. II (febbraio): 65-75.
Silvia Colombo