Adalberto Libera, Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi (EUR, Roma; 1937-1954)


Descrizione

Adalberto Libera, che aveva già contribuito al programma architettonico sostenuto dal regime attraverso la progettazione della facciata per la Mostra della Rivoluzione fascista, nel 1937 ricevette l’incarico per l’ideazione di uno dei nuovi edifici EUR. Il Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi venne pensato come luogo dove ospitare convegni e incontri di natura pubblica. La sua costruzione, iniziata nel 1939, venne interrotta dalla Seconda guerra mondiale – quando fu usato dai tedeschi prima e dagli alleati poi – e ultimata solo nel corso degli anni Cinquanta, dopo essere stato rifugio per gli sfollati di guerra. Sede delle gare di scherma durante le Olimpiadi romane del 1960, il Palazzo tra gli anni Sessanta e Settanta ospitò congressi di natura politica (del Partito Comunista prima e di Democrazia Cristiana poi). Nel 1977, un incendio causato da un attentato provocò alcuni danni, risolti con un generale adeguamento degli ambienti e un successivo restauro a cura dell’architetto Paolo Portoghesi, avvenuto nel corso degli anni Novanta (1991-1995). Attualmente l’edificio ospita una fiera dedicata alla piccola e media editoria. Architettonicamente, il Palazzo dei Ricevimenti è costituito da un corpo centrale cubico (il Salone della Cultura) dotato di volta a crociera e calotta esterna in rame, svettante su una struttura a parallelepipedo con copertura piana. Tale terrazzamento è sorretto da un colonnato nella parte anteriore, in corrispondenza dell’ingresso. La struttura, in cemento armato, è completamente rivestita da lastre di travertino, che hanno il compito di uniformare – stilisticamente e cromaticamente – l’intero edificio.

Principi

  1. La sacralizzazione delle politiche totalitarie dell’Uomo nuovo attraverso le arti

  2. La fabbricazione della realtà dell’Uomo nuovo tramite la creazione di mitologie nazionali

  3. Il monumentalismo, ovvero la visualizzazione di soggettività e oggettività

Analisi

La storia del quartiere EUR iniziò nel 1937, quando si decise di portare l’Esposizione Universale del 1942 a Roma, capitale dell’Italia e neo-capitale dell’Impero africano (1936). Per un evento di tale portata, era necessario ripensare l’assetto complessivo della città (o almeno di una sua parte) con la costruzione di una nuova area collocata in direzione del mare. La celebrazione del PNF sarebbe potuta quindi avvenire attraverso la materializzazione di un complesso di edifici pensati a ‘misura di partito’. E anche se il piano di creare uno spazio che potesse contenere al contempo l’elemento sacro (basilica dei Santi Pietro e Paolo), la res publica (il Palazzo dei Ricevimenti, appunto) e la componente culturale e identitaria (Palazzo della Civiltà Italiana) non vide mai la luce, l’EUR incarnò comunque l’aspirazione a diventare un ‘manifesto’ politico tradotto in termini architettonici.

Assialmente speculare rispetto a Palazzo della Civiltà Italiana, altro edificio-simbolo di questo progetto, il Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi di Libera nasceva come nuovo luogo pubblico di incontro all’interno di un’area orchestrata in accordo alle scelte, alle aspettative e ai programmi del governo fascista. Per concretizzare tale principio, era necessario rifarsi a un’idea di ‘unione tra le arti’, dove architettura e pittura potessero fondersi in un unicum. Era proprio in quest’ottica che, negli anni Quaranta, Achille Funi fu incaricato della decorazione dell’atrio con Scene della mitologia classica e la dea Roma, un dipinto murale rimasto incompiuto e dopo la guerra parzialmente coperto da un’opera su masonite a tema agreste (in linea con il tema della mostra agraria ivi ospitata nel 1953; l’opera è stata in seguito spostata) di Gino Severini. Ed era ancora secondo tale prospettiva che si pensava di collocare la scultura Quadriga di Francesco Messina a coronamento della copertura-terrazza dell’edificio (progetto mai compiuto).

Spazio pubblico di rappresentanza, esso si sarebbe dovuto aprire alla città, parlando ai suoi cittadini con un linguaggio altisonante, celebrativo e ordinato. Il Palazzo dei Ricevimenti, infatti, attraverso un ordine simmetrico complessivo, voleva trasmettere un senso di razionale sicurezza – lo stesso ordine di cui il partito si voleva appropriare ed essere portavoce. A conferma di tale impressione concorrevano tanto gli ambienti esterni, come il colonnato d’ingresso, ritmico e pulito, quanto quelli interni, come ad esempio le rampe di scale a collegamento tra un piano e l’altro. L’adozione di una diffusa proporzionalità e di forme regolari e perfette (come la semicircolare terminazione del ‘timpano rialzato’ in facciata) contribuivano rendere il palazzo uno spazio rassicurante, un punto di riferimento visivo all’interno del contesto cittadino. E il messaggio riusciva ad arrivare a destinazione, seppur proveniente da un edificio dotato di una monumentalità ‘in tono minore’.

Bibliografia

Belli, Gabriella (a cura di). 1989. Adalberto Libera. Opera completa. Milano: Electa.

Lecis, Marco. 2003. 'Identificazione di un maestro: una ricorrenza per Adalberto Libera.' Arte, architettura, ambiente, Rivista dell’Ordine degli Architetti di Cagliari (novembre): 15-20

Silvia Colombo