Adalberto Libera e Mario de Renzi, facciata del Palazzo delle Esposizioni durante la “Mostra della Rivoluzione fascista” (Roma, 1931-1932)


Descrizione

Gli architetti Mario de Renzi e Adalberto Libera lavorarono insieme al progetto per la facciata della Mostra della Rivoluzione fascista svoltasi nelle sale del romano Palazzo delle Esposizioni nel 1932. Mentre il contributo del primo si limitava all’ingresso dell’esposizione, Libera, insieme ad Antonio Valente, eseguì anche l’allestimento della sala 'U', dove si trovava il Sacrario dei Martiri. Tolta ogni connotazione architettonica preesistente, in questo caso de Renzi e Libera trasformarono l’edificio ottocentesco in una ‘macchina espositiva’ dai toni monumentali e futuristi, intonata sui colori del rosso e del nero e connotata da un’immancabile simbologia fascista. Antistante l’ingresso, un portico metallico recante la scritta, in rosso e a chiare lettere (alte 2 metri), Mostra della Rivoluzione fascista, andava a costituire il primo elemento architettonico incontrato dai visitatori. Subito dietro, si ergeva la facciata vera e propria, costituita da tre strutture volumetriche. Il corpo centrale, più alto, era il vero e proprio ingresso, costituito da monumentali aperture affiancate da gigantografici fasci littori di colore nero (alti 25 metri). I due corpi laterali avevano invece una funzione più ‘scenografica’, non presentando aperture, ma sorreggendo due grandi 'X' di colore rosso (alte 6 metri). La facciata, che esattamente come la mostra si era infine risolta in un allestimento temporaneo, venne smantellata al termine dell’esposizione, nel 1934.

Principi

  1. La sacralizzazione delle politiche totalitarie dell’Uomo nuovo attraverso le arti

  2. La fabbricazione della realtà dell’Uomo nuovo tramite la creazione di mitologie nazionali

  3. Il monumentalismo, ovvero la visualizzazione di soggettività e oggettività

Analisi

“Architetti, pittori e scultori incaricati della realizzazione artistica della Mostra ebbero dal Duce la parola d’ordine chiara e precisa: far cosa d’oggi, modernissima dunque, e audace, senza malinconici ricordi degli stili decorativi del passato” (Alfieri-Freddi 1933). Tutto, dall’assetto generale ai dettagli, concorreva a rendere la Mostra della Rivoluzione fascista (1932) un vero e proprio ‘manifesto di regime’. L’esposizione era nel suo insieme un percorso celebrativo che ripercorreva la storia del PNF dal 1914 al 1922, dai prodromi bellici all’anno della ‘marcia su Roma’. In tale contesto, la facciata progettata da Libera e de Renzi diventava l'introduzione di una storia che si svolgeva per capitoli espositivi tematici. Era il primo elemento d’impatto – per questo doveva essere grandiosamente solenne – ma anche l’avvio di un climax celebrativo. Così, dunque, le forze al governo non venivano solo ‘rese ufficiali’ attraverso la presentazione pubblica, ma addirittura consacrate e innalzate al ruolo di guida suprema dello Stato. Non a caso, l’ingresso di questo ‘tempio fascista’ doveva racchiudere la simbologia rappresentativa del partito, tradotta in forme semplici: in prima battuta il titolo, con una chiara funzione didascalica, ma anche i fasci littori e le grandi ‘X’. Queste ultime, in particolare, costituivano un elemento pregno, come chiarito da Jeffrey T. Schnapp, per cui 'la X associa la rivoluzione fascista anche con il sacrificio di Cristo […] e con la negazione modernista – la X come simbolo di crisi, di incrocio e di urto tra il vecchio e il nuovo' (Schnapp 2003, 54).

Complessivamente, ciò andava a comporre un sistema sincretistico, coerente in virtù di un fil rouge al limitare tra storia – da Roma alla contemporaneità – religione e società. Ancora una volta, la tradizione e la modernità sono i due parametri opposti entro cui si muove un progetto così grande come quello della Mostra della Rivoluzione fascista. Tutt’attorno fanno da corollario altri elementi semanticamente forse meno significativi, ma sicuramente altrettanto interessanti: in primis l’uso di materiali moderni come il metallo, declinato in forme che riecheggiano il presente industriale, e di colori forti come il rosso (sangue) e il nero (colore del fascismo). L’esaltazione di concetti quali la forza – spinta sino alla violenza –, l’innovazione e la guerra venivano presentati sin dalla premessa architettonica di questo racconto espositivo quali valori e modelli da seguire. Affinché il messaggio potesse essere ricevuto in maniera ancora più chiara, era necessario utilizzare gigantismi e sovradimensionamenti, come i fasci littori che, dall’alto dei loro 25 metri, incombevano sul visitatore di passaggio.

Bibliografia

Alfieri, Dino e Luigi Freddi (a cura di).1933. Mostra della Rivoluzione fascista, catalogo della mostra (Roma, Palazzo delle Esposizioni, 29 ottobre 1932 – 29 ottobre 1934). Bergamo: Officine dell'Istituto Italiano d'Arti Grafiche.

Capanna, Alessandra.2004. Roma 1932. Mostra della Rivoluzione fascista. Torino: Testo&Immagine.

Malvano, Laura. 1998. Fascismo e politica dell’immagine. Torino: Bollati Boringhieri.

Melograni, Carlo. 2008. Architettura italiana sotto il fascismo. L’orgoglio della modestia contro la retorica monumentale 1926-1945. Torino: Bollati Boringhieri.

Schnapp, Jeffrey T. 2003. Anno X. La Mostra della Rivoluzione fascista del 1932. Pisa-Roma: Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali.

Silvia Colombo