Mario Sironi, La famiglia (1930)


Descrizione

Sironi, nell’arco di un breve periodo, eseguì due variazioni sul tema familiare, riconoscibili sin dal titolo: La famiglia e La famiglia del Pastore. Non datati e perciò variamente ascritti al periodo tra la fine degli anni Venti e il 1930, i due oli su tela furono esposti e acquistati in occasione della I Quadriennale di Roma (1931), dove l’artista ebbe a disposizione un’intera sala con 29 opere. Una (La famiglia del Pastore) entrò a far parte delle collezioni della Galleria d’Arte Moderna, mentre l’altra (La famiglia) di quelle della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, entrambe a Roma. La famiglia conservata alla GNAM è ambientata in uno scenario naturalistico brullo e deserto, ripreso da un punto di vista più ravvicinato, in cui si trovano i tre membri di una famiglia: il padre, la madre e il bambino. Se, nel caso della Famiglia del Pastore, essi sono più chiaramente identificabili con la Sacra Famiglia composta da Giuseppe, Maria (connotata da un velo blu) e il Bambino, nella Famiglia essi sono nudi profani non facilmente collocabili nel tempo.

Principi

  1. L’arte di Stato: modernità e modernizzazione

  2. I limiti del realismo: la costruzione di individualità collettive

Analisi

Se durante gli anni Venti, attraverso le rappresentazioni cittadine (ad esempio, Paesaggio urbano) Sironi intendeva documentare i cambiamenti incorsi a Milano nel primo dopoguerra, denunciandone al contempo i tratti negativi, con gli anni Trenta la sua produzione andò incontro a un cambiamento. Il PNF aveva ormai raggiunto e ottenuto i pieni poteri e Mussolini, a capo del governo, aveva già emanato le prime riforme, che avevano coinvolto in particolare gli aspetti sociali ed economici dello Stato. Tra i valori fondamentali promossi dal regime rientravano allora il lavoro, ma anche la famiglia, nucleo fondante della società del tempo, nonché baluardo della tradizione – a cui il fascismo faceva sempre riferimento. In un tale contesto, Sironi era riuscito a ritagliarsi un ruolo (anche se non apertamente ufficiale) da portavoce della propaganda fascista, ritraendone e illustrandone i principali temi. Fu proprio nel lasso di tempo antecedente all’esplosione della politica culturale di regime, concretizzatasi in grandi mostre, concorsi sindacali e finanziamento di opere pubbliche, che andò a collocarsi un’opera come La famiglia.

Il soggetto intendeva raccontare quell’entità privata sempre più importante, soprattutto se calata in un contesto sociale irreggimentato politicamente e istruito secondo i dettami del Ventennio. La famiglia diventava perciò qualcosa di sacralmente solenne, unità irrinunciabile di un esercito senza armi che doveva seguire, asserendo, le arringhe del Duce. Funzionali a ciò, erano dunque i riferimenti alla Sacra famiglia, alla religione cattolica, ma anche al passato pagano, che rendeva giustificabile la presenza dei nudi. In particolare, in Famiglia, sembra possibile leggere un’allusione alla nascita e alla fertilità come a qualcosa di auspicabile per ogni donna, incarnata dal binomio della mamma con in braccio un bambino piccolo. Forse anche per questo, l’opera fu subito acquistata in occasione della Quadriennale: in virtù della sua figurazione potente ed epica, essa diventava un sano modello sociale da mostrare pubblicamente.

Bibliografia

Braun, Emily. 2003. Mario Sironi. Arte e politica in Italia sotto il fascismo. Torino: Bollati Boringhieri.

Gian Ferrari, Claudia. 2002. Sironi. Opere 1919-1959. Milano: Charta.

Pontiggia, Elena, Colombo, Nicoletta et al. (a cura di). 2003. Il 'Novecento' milanese. Da Sironi ad Arturo Martini. Milano: Mazzotta.

Silvia Colombo