Mario Sironi, L’Italia tra le Arti e le Scienze (1935)
L’Italia tra le Arti e le Scienze è una grande opera murale (140 m2 di superficie) che Sironi ideò e dipinse nel 1935, nell’arco di soli due mesi. Sita nell’aula magna dell’Università Sapienza di Roma, l’opera fu commissionata dallo stesso Mussolini su suggerimento del progettista della Città Universitaria, l’architetto Marcello Piacentini. Rappresentazione dell’Italia fascista, la composizione prevedeva una figura femminile al centro della scena – la personificazione dell’Italia –, circondata dalle allegorie delle arti e delle scienze. Più precisamente, dall’esterno all’interno, esse incarnavano: l’Astronomia, la Mineralogia, la Botanica, la Geografia e l’Architettura (sulla sinistra); le Lettere, la Pittura e la Storia (sulla destra). Dall’alto, sulla sinistra, incombeva la figura della Vittoria alata, armata di gladio romano. Il tutto era orchestrato all’interno di uno scenario architettonico e paesaggistico senza chiare connotazioni spazio-temporali. Nel 1950, dopo la caduta del regime, l’opera andò incontro alla censura: gli elementi più da vicino riferiti al fascismo vennero ridipinti dal pittore Carlo Siviero. I ritocchi furono mantenuti anche in occasione di un primo restauro conservativo avvenuto nel corso degli anni Ottanta, ma infine rimossi durante l’ultimo intervento del 2017. Restauro, quest’ultimo, nato da un accordo tra il Ministero dell’Università e della Ricerca (MiUR) e il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT), e condotto dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (ISCR) di Roma.
La sacralizzazione delle politiche totalitarie dell’Uomo nuovo attraverso le arti
La fabbricazione della realtà dell’Uomo nuovo tramite la creazione di mitologie nazionali
Il monumentalismo, ovvero la visualizzazione di soggettività e oggettività
Come ha scritto Emily Braun (Braun 2003), l’arte murale fiorita nel corso del Ventennio aveva trovato un terreno particolarmente fertile nella politica fascista, che proprio in quegli anni aveva promosso e finanziato la costruzione di numerosi edifici destinati alla fruizione pubblica. Artisti, architetti e politici riuscirono a trovare nella monumentalità una comune visione d’intenti, un campo libero attraverso il quale comunicare con il grande pubblico. Gli edifici e, al loro interno (o esterno, a seconda dei casi), i mosaici, gli affreschi o i rilievi, si trasformavano in mostre permanenti alla portata di tutti, pronti a lanciare il messaggio – implicitamente o esplicitamente politico – di cui si erano fatti portatori. Come in altri casi analoghi, la nuova Città Universitaria di Piacentini sviluppò questa coralità di intenzioni, diventando un cantiere culturalmente vivo, popolato da alcune delle maggiori personalità del mondo dell’architettura e dell’arte. Tra i professionisti al lavoro, vale la pena ricordare almeno Gio Ponti, progettista della Scuola di Matematica (1933-1935), Giuseppe Pagano, che si occupò dell’Istituto di Fisica (1933-19350, Arturo Martini, che lavorò alla scultura Minerva (1934-1935) e Mario Sironi, artefice dell’affresco dell’aula magna, intitolato L’Italia tra le Arti e le Scienze (1935).
Se, altrove, Sironi aveva già dedicato alcune composizioni alla contemporaneità fascista, con L’Italia mise a punto un affresco allegorico apertamente riferito alla ‘nuova cultura italiana’ veicolata dal regime, alla mitologia dei valori di cui voleva farsi rappresentante. Secondo una prospettiva chiaramente nazionalista, Sironi collocava al centro dell’immagine la personificazione dell’Italia – che, si ricorda, era allora guidata da un governo dittatoriale fascista. Tutt’attorno, in posizione ancillare, si trovavano le discipline di intelletto e di scienza patrocinate dal più grande mecenate: lo Stato. Il messaggio era ulteriormente riconfermato dalla destinazione per cui l’opera era stata pensata: l’aula di rappresentanza del nuovo edificio universitario.
Grazie a Sironi e alle altre personalità attive in cantiere, la propaganda del governo poteva attecchire anche in questo nuovo fulcro culturale della capitale, rivolgendosi alle generazioni più giovani e ricettive, che avrebbero consentito al PNF di mantenere le redini del potere. Tali ideali vennero veicolati attraverso un affresco imponente e grandioso, la cui composizione ricalcava exempla eterogenei, in bilico tra sacro e profano. Da un lato, infatti, essa ricordava l’iconografia dell’Apollo circondato dalle Muse (come, ad esempio, Apollo e le Muse sul monte Parnaso di Anton Raphael Mengs, 1760), mentre dall’altro si riallacciava alle decorazioni absidali di epoca paleocristiana, come a Santa Prassede, a Roma (tardo IV secolo). Inoltre si individuano tracce della romanità antica, sia in termini tematici (la presenza della Vittoria alata con gladio), sia stilistici, ravvisabili nelle pose immote dei personaggi, che sembravano ammonire lo spettatore, dall’alto della loro ciclopica presenza.
Billi, Eliana e Laura D’Agostino, Laura (a cura di). 2017. Sironi svelato. Il restauro del murale della Sapienza. Roma: Campisano Editore.
Braun, Emily. 2003. Mario Sironi. Arte e politica in Italia sotto il fascismo. Torino: Bollati Boringhieri.
Gentile, Emilio. 2014. L'Italia tra le arti e le scienze di Mario Sironi. Miti grandiosi e giganteschi rivolgimenti. Roma-Bari: Laterza.
Silvia Colombo