Gio Ponti, Scuola di Matematica dell’Università Sapienza (Roma, 1932-1935)


Descrizione

Il contributo di Gio Ponti, progettista della Scuola di Matematica dell’Università La Sapienza di Roma (1932-1935), si inscrive in un progetto più ampio, affidato dal governo di regime a Marcello Piacentini, che si valse dell’aiuto di vari architetti afferenti ai diversi movimenti architettonici del Ventennio: ovvero, costruire la Città Universitaria come centro studi sito nel cuore della romanità e della cultura mediterranea. Il progetto di Ponti, in particolare, prevedeva un edificio con pianta a ferro di cavallo e un alzato tripartito. Esso era costituito da due volumi principali antistanti, con le sale professori, la biblioteca e il deposito per i libri, ma anche le aule a gradoni (da 250 e più di 400 posti), collegati da due corpi ricurvi con le aule da disegno. Lo spazio tra i volumi racchiudeva una corte, dove si trovavano tre rampe in marmo bianco e nero che conducevano all’interno degli edifici. Tutta la struttura era costruita in cemento armato, sul fronte principale nascosto da un rivestimento in travertino, mentre le coperture piane erano solo parzialmente percorribili (si veda il lucernaio in vetrocemento che illumina la biblioteca). La piena volumetria della Scuola di Matematica era alleggerita dalla presenza di finestrature a nastro che attraversano simmetricamente le facciate. Pur parzialmente modificato già a partire dal 1939 e colpito dai bombardamenti del 1943, il complesso ha mantenuto sino a oggi la stessa funzione di facoltà universitaria.

Principi

  1. La costruzione della realtà spaziale nella dimensione urbana dell’uomo nuovo

  2. La razionalizzazione narrativa: la costruzione di uno spettacolo collettivo

Analisi

'Mettere gli Atenei al servizio del regime [era], perciò, urgente necessità' (Mornati 2002, 47): questa, in altre parole, è la spinta che porta alla costruzione di una gigantografica università nel cuore di Roma, a sua volta centro propulsore della romanità fascista. Una città degli studi nel cuore del tracciato urbano, non lontano da Stazione Termini, per cui il PNF aveva deciso di stanziare fondi e risorse straordinari. Mettendo a capo Marcello Piacentini, il governo aveva comunque chiarito la sua posizione: creare un centro funzionale e intellettuale, ma anche architettonicamente innovativo. Non a caso Piacentini aveva coinvolto alcuni tra i protagonisti dell’architettura del tempo, tra cui Giuseppe Pagano e lo stesso Giò Ponti, che in questo processo propagandistico svolsero il ruolo di ‘traduttori indiretti’ dell’ideologia fascista. Ponti, nello specifico, progettò un complesso votato alla massima fruibilità – in termini di spazi e di illuminazione –, ma al contempo calato nella piena modernità. La Facoltà, situata in un punto nevralgico dell’intero complesso, si tradusse nella costruzione di una serie di volumi che traevano solo ispirazione dall’architettura romana e neoclassica, per poi parlare al presente con un linguaggio chiaro e semplice.

All’interno della Scuola di Matematica, le aule, la stanza di lettura della biblioteca e le sale di attesa sono ambienti pensati per un uso quotidiano, come dimostrano l’attenzione ai dettagli – le sedute, gli ampi tavoli, le aule a gradoni che permettevano una chiara visibilità da tutte le posizioni, il sistema di illuminazione naturale e artificiale – e alla loro disposizione. Da una prospettiva più generale, però, essi diventavano anche i luoghi della formazione, gli spazi in cui la coscienza giovanile degli studenti prendeva forma, plasmata dalla conoscenza universitaria, ma anche dalla propaganda fascista che si insinuava negli ambienti pubblici. L’ambiente universitario concepito come ambito pubblico era un luogo che si apriva alla conoscenza a 360 gradi: quella di chi frequentava la facoltà da studente, ma anche del professore, autorizzato a insegnare in seguito al giuramento prestato al regime. Ancora su un altro livello, i materiali rimandavano a una tradizione tutta italiana, che partiva dai marmi e dalle pietre (marmo di Carrara, travertino) per approdare ai più recenti brevetti dell’edilizia nazionale, come il vetrocemento o i profili d’alluminio delle finestre. E questo, come in altri casi, era un chiaro adeguamento alla politica autarchica voluta dal regime, che intendeva sfruttare intensivamente e al meglio le risorse presenti in Italia.

Bibliografia

Mornati, Stefania. 2002. 'L’edificio della Scuola di Matematica di Gio Ponti alla Città Universitaria di Roma.' Bollettino U. M. I. La Matematica nella Società e nella Cultura Serie VIII vol.V-A (aprile): 43-71.

Pratesi, Mauro. 2016. Giò Ponti. Vita e percorso artistico di un protagonista del XX secolo. Pisa: Pisa University Press.

Rossi, Piero Ostilio. 2012. Roma. Guida all'architettura moderna 1909-2011. Roma-Bari: Laterza.

Silvia Colombo