Fortunato Depero, Le Professioni e le Arti (1942)


Descrizione

Rispetto all’antistante mosaico di Prampolini, intitolato Le Corporazioni, Le Professioni e le Arti di Fortunato Depero venne concluso un anno più tardi. Situato nel nuovo quartiere romano dell’EUR, sulla parete esterna dell’edificio dell’allora Museo della Scienza, oggi Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini, il mosaico raffigurava le professioni e le arti in tempo fascista. Il titolo dell’opera, piuttosto didascalico, era inserito anche all’interno della composizione, in cui si affollavano simboli e personificazioni. Su uno sfondo musivo costellato da emblemi, si stagliavano alcune figure, rappresentazioni della Giustizia, della Musica (entrambe in basso) e del Teatro (registro superiore), affiancato – quest’ultimo – da una insistente simbologia fascista inscritta nel profilo stilizzato di un fascio littorio. La quadripartizione dell’opera era formata da questi ‘episodi’ collocati all’interno di cornici architettoniche astratte – come il pentagramma per la Musica, ad esempio – o politiche (il fascio littorio, appunto). Nel 1992 il mosaico andò incontro a un importante cantiere di restauro finanziato dalla Banca di Roma.

Principi

  1. La sacralizzazione delle politiche totalitarie dell’Uomo nuovo attraverso le arti

  2. La fabbricazione della realtà dell’Uomo nuovo tramite la creazione di mitologie nazionali

  3. Il monumentalismo, ovvero la visualizzazione di soggettività e oggettività

Analisi

La componente conservatrice di un lavoro come Le Professioni e le Arti era espressa innanzitutto attraverso richiami iconografici e stilistici provenienti dal passato. Osservando da vicino la composizione di Depero, costruita su due registri in cui campeggiavano personificazioni e simboli delineati in maniera solenne ma cristallizzata, non si può evitare un paragone con i mosaici di Ravenna. Così, la rigidità della Musica, della Giustizia e del Teatro richiamava da vicino la stilizzazione di santi e profeti in posa frontale e statica di Sant’Apollinare Nuovo (fine V secolo). E il fondo neutro, carico di un valore simbolico e mistico, era un riferimento ai fondali d’oro di San Vitale (VI secolo). Ancora una volta, questo legame andava a costituire un precedente illustre che faceva rivivere i fasti del passato nel presente, ma creava anche un rapporto biunivoco tra politica e religione, vita laica e cristiana a cui il cittadino medio si doveva ispirare.

Un tessuto culturalmente importante, questo, che si arricchiva del legame indissolubile tra le arti maggiori – architettura e arti figurative – e le arti minori rappresentate dalle maestranze al lavoro, dal carpentiere ai maestri musivi. A ciò si legava il messaggio della raffigurazione orchestrata da Depero, intesa a ‘sacralizzare’ alcuni ambiti della vita professionale e pubblica del tempo come la musica, il teatro e la giustizia – tema trasversale a tanti lavori coevi, primo fra tutti la Giustizia fascista di Martini, presso il piacentiniano Palazzo di Giustizia di Milano. Essi, inoltre, erano politicamente espliciti, poiché pervasi da una costante simbologia che tendeva a ‘fascistizzare’ il messaggio.

In questo modo, l lavoro, la giustizia e le arti divenivano le linee guida della società fascista, che voleva creare o semplicemente fissare alcuni valori, cristallizzandoli attraverso la loro rappresentazione e reiterazione. Divenendo leggibili, essi erano automaticamente comprensibili: oltre a costituire un punto di riferimento visivo, essi funzionavano come ‘promemoria’, scritto imperituro volto a ricordare quale fosse la strada migliore da seguire. Un inquadramento sociale di tale portata, effettuato attraverso il controllo delle folle a cui erano diretti tali messaggi, diveniva così una ‘manipolazione gentile’, o se non altro velata sotto un linguaggio iconografico moderno. Le opere pubbliche come il mosaico di Depero costituivano quindi una propaganda permanente quotidianamente esposta agli occhi della popolazione: erano dei manifesti pubblicitari ancorati in maniera definitiva all’architettura ospitante – a sua volta proiezione e monito dei valori fascisti dell’epoca.

Bibliografia

Scudiero, Maurizio e Daniela Magnetti. 2004. Depero futurista. Milano: Electa.

Futurist Depero 1913-1950. Madrid: Fundacion Juan March (2015).

Silvia Colombo