Mario Soldati, 24 ore in un studio cinematografico, (1935)
Mario Soldati fu uno scrittore versatile e molto attivo su vari fronti letterari e giornalistici. Questo romanzo fu scritto tra il 1934 e il 1935 e pubblicato nel 1935 a Milano presso Corticelli, sotto le pseudonimo di Franco Pallavera. Dal 1931 al 1934 Soldati era stato docente alla Columbia University di New York ma era tornato in Italia rinunciando alle sue ambizioni universitarie. Nel 1935 siamo all'apice del consenso del regime che porta a compimento un percorso iniziato già dagli anni Trenta: ovvero quel connubio tra avanguardia e sperimentazione artistica codificato da uno spiccato desiderio di ritorno al realismo. In questa vena, di un'avanguardia diventata fenomeno popolare all'interno del discorso sull'arte di Stato, il romanzo racconta la storia di una giornata trascorsa in uno studio cinematografico, con dettagliata analisi delle figure che la popolano e delle attività che la scandiscono. Si tratta di un vero e proprio romanzo del cinema (o un cinéroman) che mescola dettagli tecnici a momenti di lirismo narrativo.
L’arte di Stato: modernità e modernizzazione
I limiti del realismo: la costruzione di individualità collettive
Il problema della costruzione di un'arte di Stato è stato particularmente acuto e sentito nei primi anni Trenta, sebbene possa far riferimento al 1927 e al Discorso dell'Ascensione pronunciato da Mussolini e al dibattito sul problema della natura e fenomenologia dell'arte fascista che si tenne nella rivista Critica Fascista dal 1926 al 1927, al quale dibattito parteciparono molti intellettuali e scrittori di punta senza peraltro arrivare a conclusioni definitive. Quando Soldati scrive questo breve cinéroman il regime è all'apice del suo consenso e la cinematografia è considerata l'arma più forte, con Mussolini che potenzia cinecittà e si dedica più esplicitamente alla costruzione di un'arte popolare e di massa. Il romanzo è a metà strada tra racconto di finzione narrativa e cronaca documentaria. Lo sguardo del narratore è distaccato e non travalica mai i confini di un ruolo esclusivamente di voce esterna alla storia, extradiegetica che vuole dare un 'impressione vivace della lavorazione di uno studio' (9). In questo senso, si tratta di un romanzo che è realista, sintentico ma anche soggettivo ed impressionista, per stessa ammissione dell'autore nella nota introduttiva che lo precede. Il romanzo è pertanto individuale perchè prende in considerazione le dinamiche di relazione dei protagonisti della storia in quanto entità a se stanti, mentre la struttura narrativa è di matrice bozzettistica. Dal primo capitolo, 'Risveglio', dedicato alla figura della diva del cinema e alla sua esistenza tra glamour e profonda solitudine si passano in rassegna i momenti salienti di 24 ore in uno studio cinematografico e quinidi: il direttore, le comparse, le machine da presa, i truccatori, i tecnici. Ma il romanzo è anche collettivo, perchè nessuna delle figure o delle azioni potrebbero esistere senza la regia della narrazione realistico-documentaria di Soldati. La narrazione è scandita da brevi capitoli che illuminano o figure o situazioni ma non sono legati da nessuna cornice: possono esistere sia come momenti individuali, soggettivi, sia come legati da un filo conduttore invisibile. Il realismo di Soldati non è dunque un realismo mimentico ma è un realismo sperimentale che riformula il rapporto soggetto-oggetto come momenti interscambiabili. La rilevanza di questo romanzo all'interno del dibattito sull'arte di Stato sono i termini del ritratto documentaristico, ma non realistico-mimetico del cinema, che traccia. Così fancendo pronunica una dichiarazione di modernità che travalica la sperimentazione per confondersi con un realismo, spesso di matrice impressionista. Inoltre il realismo, come del resto anche quello discusso tra le avanguardie, è commistione interdisciplinare e non una storia diegeticamente conclusa che contiene spesso delle inserzioni di ordine tecnico e di ordine estetico. Da notare infine l'improtanza dei riferimenti tecnici nella definizione della trama e della scansione narrativa dei capitoli. E, come spiega chiaramente Soldati medesimo: 'Bisogna di nuovo tenere presente che altro è cinematografo e altro è letteratura' (65).
Davico Bonino, Guido. 1985. 'Nota.' In Mario Soldati. 2003. 24 ore in uno studio cinematografico, 151-55. Palermo: Sellerio.
Grillandi, Massimo. 1979. Mario Soldati. Castoro 147. Firenze: La Nuova Italia.