Fortunato Depero, Guerra = festa (1925)


Descrizione

Fortunato Depero iniziò a pensare al tema Guerra = festa già a partire dal 1924, quando dipinse una grande tela con questo titolo, oggi conservata presso la Casa d’Arte Futurista Depero di Rovereto. Nel 1925, poi, portò a compimento una seconda variante trasposta su ‘arazzo’ – più precisamente ritagli di panno cuciti su un supporto di juta di grandi dimensioni (330 x 243 cm). Ciò che Depero rappresentò, in questo lavoro, era una scena di combattimento ambientata durante la Prima guerra mondiale, quando anche l’artista era arruolato nell’esercito. Contro ogni aspettativa, però, l’immagine cerca di allontanare la truculenza e la violenza associata al combattimento, celandole sotto un velo gioioso e ludico, così come suggeriscono i colori e le forme della composizione. L’opera, esposta per la prima volta alla XV Biennale di Venezia del 1926, ottenne un successo immediato e fu acquistata dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (dove si trova ancora oggi) per 40.000 lire. Andato incontro a un recente restauro, l’arazzo è stato esposto al Mart di Rovereto in occasione del centennale della Grande guerra, quando il museo organizzò la mostra 'La guerra che verrà non è la prima. Grande guerra 1914-2014'.

Principi

  1. La nuova teorizzazione della relazione tra soggettività e oggettività

  2. La razionalizzazione estetica: la linea retta e la linea errante

Analisi

Quando si osserva un’opera come Guerra = festa (1925), è necessario pensare al contesto in cui venne concepita ed eseguita. Il primo riferimento a cui essa rimanda è senz’altro il Futurismo: attivo esponente futurista, a cavallo fra le due generazioni che vennero prima e dopo la Prima guerra mondiale, Depero ne assorbì profondamente la cultura, iconografica e spirituale. Figlio del Manifesto del futurismo (Marinetti 1909), in cui si leggeva 'Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo', l’artista divenne a sua volta firmatario – insieme a Balla – della Ricostruzione futurista dell’universo (1915). Documento, quest’ultimo, in cui gli autori scrissero 'noi costruiremo giocattoli che abitueranno il bambino […] al coraggio fisico, alla lotta e alla GUERRA' (Balla-Depero 1915).

È perciò in questa dimensione al limitare tra violenza e gioco che si deve collocare Guerra = festa, equazione artistica che intendeva mostrare come la Grande guerra, a cui lo stesso Depero partecipò, potesse trasformarsi in una festa, in un tripudio di forme e di colori. La guerra, poiché in grado di ‘sanare, purificare’ la società, doveva assumere i toni festosi di un gioco in cui la violenza di spari di cannoni e fucili confluisse in uno spettacolo danzante. Era un 'rituale di rigenerazione collettiva che purifica dalle incrostazioni del vecchio uomo e prepara la nascita dell’uomo nuovo' (D’Elia 1988, 14).

Tuttavia i riferimenti esterni non si esauriscono qui. Analogamente a quanto avvenne per altre opere del Ventennio, Guerra = festa può essere considerata il trait d’union che vincola passato e presente in un continuum temporale. Da un lato c’era quel senso di gioia blasfema suscitata dall’atrocità, che rendeva l’arazzo una versione rivisitata del Trionfo della morte (Palazzo Abatellis, Palermo, inizio XV secolo), dall’altro quel gusto sovversivo per il paradosso tipico degli spettacoli futuristi e dada. Innegabile, inoltre, uno stile giocoso e naif tipico del ‘Depero pubblicitario’: Guerra = festa si avvicina infatti ad alcune opere più spensierate e leggere che l’artista aveva eseguito negli stessi anni. Si rimanda in particolare a un lavoro come Mucca + cittadino, un arazzo (una tarsia di panni colorati) datato 1926 e raffigurante una scena dai toni certamente più pacati e divertenti.

Da tutto ciò emerge un evidente interesse dell’artista per la sperimentazione, in termini di (poli)matericità, di iconografia, ma anche di stile: la linea, insieme al colore, era l’assoluta protagonista di questo arazzo. Declinata in svariati modi, giacché era la curva arcobaleno che fuoriusciva dai cannoni, la cima irregolare di una montagna o la linea retta del tricolore e delle gambe dei soldati che marciavano all’unisono, essa delineava confini netti e marcati, andando inoltre a comporre forme geometriche unite ‘a incastro’. Era il segno decisivo che contribuì alla creazione di vere e proprie icone profane e rutilanti di colori del XX secolo.

Bibliografia

Balla, Giacomo e Fortunato Depero. 2015. Ricostruzione futurista dell’universo. Milano: Tipografia Taveggia.

D’Elia, Anna. 1988. Universo futurista. Una mappa: dal quadro alla cravatta. Bari: Dedalo.

Marinetti, Filippo Tommaso. 1909. Manifesto del Futurismo. Le Figaro, Parigi.

Mojana, Marina e Ada Masoero. 2010. Depero con Campari. Roma: De Luca Editori d’Arte.

Silvia Colombo