Corrado Cagli, I neofiti (1934)
Eseguita nel 1934, l’opera I neofiti di Corrado Cagli è una tempera encaustica su tavola di formato quadrato (61 x 61 cm), esposta in più occasioni a partire dal 1935 (Quadriennale di Roma) fino agli anni più recenti, dimostrando una fortuna critica costante nel tempo. La tavola, appartenente al periodo in cui Cagli faceva parte della Scuola Romana, rappresentava un tema tradizionale della storia dell’arte – quello delle bagnanti – in questo caso declinato al maschile. L’immagine, complessivamente impostata sulle tonalità dell’ocra, raffigurava tre uomini in diverse pose che stavano per entrare o si trovavano già in acqua. Grazie all’uso di alcuni espedienti – dare le spalle all’osservatore oppure rappresentare il momento della svestizione –, nessuno dei volti venne reso visibile. Anche se appartenente a una collezione privata, l’opera è documentata e catalogata all’interno dell’Archivio Cagli di Roma.
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Artista tecnicamente audace, Cagli nel corso della sua carriera si dedicò a svariate sperimentazioni, dalla ceramica all’opera murale, che lo avevano portato a contatto con molteplici contesti artistici, tra cui il Futurismo e la Scuola Romana. I neofiti, del 1934, si presentava come uno degli esiti di tali prove, in quanto tavola dipinta a tempera encaustica: il legno, solido, garantiva la presenza di un supporto stabile e complessivamente liscio, mentre la cera conferiva matericità e corposità alle pennellate.
Seppur continuando a operare in seno alla tradizione, l’artista riuscì a conferire ai suoi lavori un’intonazione decisamente moderna sotto più punti di vista. Nel caso dei Neofiti, l’encausto e i dipinti su tavola – documentati sin dall’antichità – furono impiegati per dare profondità e movimento. Il risultato fu una composizione solenne, che traeva ispirazione dalla pittura francese contemporanea – impossibile non menzionare le Bagnanti di Cézanne (1906), ma anche le opere del gruppo dei fauves –, dominata da una tavolozza terrosa, quasi monocroma, à la Picasso del ‘periodo rosa’.
La scelta e lo sviluppo del soggetto seguivano questa stessa ‘armonia dei contrasti’. Il titolo, che alludeva a una tematica classica, quella dei neofiti – gli uomini introdotti alla religione cristiana attraverso il sacramento del battesimo –, venne rinnovato in termini di stile e di composizione. Quindi, anche se Cagli si rifece consapevolmente alla tradizione pittorica italiana, da Masaccio (Battesimo dei neofiti, 1425-1426) e Masolino (Battestimo di Cristo, 1435 circa) a Piero della Francesca (Battesimo di Cristo, 1445), riuscì comunque a rinnovarne, modernizzarne i contenuti e la forma. Tutti questi elementi, perciò, confluirono in un lavoro dal ritmo pacato, quotidiano e insieme solenne e sacrale, lontano da qualsiasi scabrosità – il nudo veniva giustificato dal titolo, un’allusione alla tradizione cristiana. Questa era dunque la ‘linea popolare’ della pittura tanto cara anche al regime: un’iconografia semplice, chiara, che si potesse riagganciare a una tradizione condivisa, a una memoria collettiva capace di leggerne i contenuti e di condividerne i valori. E fu così che tre nudi maschili, colti nell’atto della svestizione, diventavano tre eroi del presente, tre uomini pudichi che si accingevano ad accogliere un sacramento, un rito di iniziazione.
Benzi, Fabio (a cura di). 2010. Corrado Cagli e il suo magistero. Mezzo secolo di arte italiana dalla Scuola Romana all’astrattismo. Milano: Skira.
Russoli, Franco e Raffale De Grada (a cura di). 1964. Cagli. Roma: SEDA.
Silvia Colombo