Alessandro Bonsanti*, I capricci dell'Adriana* (1934)
Alessandro Bonsanti ha diretto una delle riviste più importanti del Venennio, Letteratura che si è pubblicata interrottamente a Firenze dal 1937 al 1947. Bonsanti è approdato a Letteratura dopo l'esperienza presso la rivista Solaria, fondata a Firenze da Alberto Carocci nel 1926 per essere chiuda per un provvedimento del regime nel 1936. Dal 1931 al 1932, Bonsanti fu condirettore di Solaria mentre esordì come narratore nel 1929 con i racconti Serva amorosa, ai quali fecero seguito la raccolta I capricci dell'Adriana nel 1934, entrambi usciti per le edizioni di Solaria. Solaria si è fatta portavoce di una politica letteraria e culturale che mirava allo svecchiamento delle lettere italiane attraverso un dialogo costante con la cultura internazionale, contemporanea e classica: con in testa Marcel Proust e James Joyce. Nel 1937 scrisse Racconto militare pubblicato questa volta per le edizioni di Letteratura da Parenti (editore anche di Solaria) di tono realistico, mentre nel 1940 diede alle stampe gli autobiografici Dialoghi e altre prose, sempre per Parenti. I capricci dell'Adriana appartiene ad un filone narrativo che potremmo definire tra il memorialistico, il semi-autobiografico, con un occhio di riguardo alle intermittenze del cuore proustiane. I racconti antologizzati sono cinque ed i protagonisti gravitano in quel milieu borghese e alto-borghese vicino a quello di Solaria e ai circoli frequentati da Bonsanti stesso.La trama dei racconti, incluso l'eponimo I capricci dell'Adriana, ha poco significato nell'economia generale delle storie narrate dove sono gli oggetti spesso a determinarne il ritmo narrativo. Quello che conta sono le riflessioni dei protagonisti sulla realà circostante che si traduce in un viatico per riflettere su se stessi, spesso secondo il contrappunto di un ritmo dialogico.
L’arte di Stato: modernità e modernizzazione
I limiti del realismo: la costruzione di individualità collettive
Sebbene questa raccolta di racconti venga pubblicata all'apice della teorizzazione sull'arte di Stato nel 1934, rappresenta piuttosto un caso interessante di come la scrittura narrativa si sia sviluppata anche in direzioni alternative alla dialettica di regime a proposito della costruzione del romanzo nazionale, della politica sulle traduzioni e del dibattito sul realismo. Sempre con un tono ironico di rievocazione memoriale di un Ottocento toscano e granducale, Bonsanti pensa al realismo come ad un modo narrativo che possa mettere in contatto qualsiasi individualità con un momento 'oggettivo'; la realtà degli oggetti e delle situazioni diventa piuttosto un modo per riflettere sull'interiorità dei personaggi, tutti confinati all'interno di una classe sociale ben definita e dai tratti rassicuranti. Le influenze proustiane su Bonsanti sono state spesso discusse: e rintracciate nel suo tentantivo di scrittura narrativa che sia determinata da una narrazione memorialistica, e nella struttura temporale che segue una logica evolutiva che non è quella del tempo esteriore ma di quello della coscienza. I racconti sono quadri impresisonistici che narrano momenti di vita limitati però a fugaci apparizioni della coscienza dei protagonist: come ad esempio il drama del Cavalier Bettigalli, agonizzante per la perdita della sua tabacchiera (La tabacchiera smarrita). Gli oggetti sono dei correlative oggettivi, ma in versione spesso crepuscolare e non 'aristocratico-esistenziale'.
La noia e la malinconia sono sentimenti presenti in tutti I racconti, ma non portano a nessuna forma di risoluzione o di rivolta, come nel caso degli Indifferenti. La prosa di Bonsanti procede con periodi ampi, abilmente legati tra di loro da un fluire continuo di pensieri senza brusche interruzioni. Secondo Alberto Cadioli, ad esempio, Bonsanti crede in una letteratura che possa essere salvezza e che quindi debba essere assolutamente 'autonoma' dal reale: la realtà oggettuale esiste come tramite per attivare il potere della memoria. I racconti si snodano attorno ad un realismo di tono minore che parte dal dato oggettivo per trasformalo in momento di riflessione soggettiva e individuale dove il passato revocato serve per vivere il presente storico; tutto ciò all'interno di un quadro d'ambiente che pertiene ad una comunità armoniosamente costruita. Quindi la piccola quotidianità diventa cifra di auscultazione memorialistica del soggetto spesso, in una versione della prosa d'arte di ambientazione regionale, sebbene debitrice di Proust e di Joyce, con tramite Aldo Palazzeschi.
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